12.4.05

Di libri, e di libri, e di libri

Scrive ElMar:
No, non abbiamo recitato nulla neanche questa volta; è stato un pomeriggio interamente dedicato ai libri che abbiamo letto/stiamo leggendo in questo periodo: ha incominciato Keren con L'arpa di Davita, di Chaim Potok, e L'enigma del solitario, di Jostein Gaarner: quest'ultimo ha affascinato un pò tutti, ed è servito anche per una digressione sul tema del Jolly Joker, figura in origine demoniaca transitata in letteratura dove ne conservano tracce tanto il Peter Pan di Barrie quanto il folletto shakespeariano Puck del Sogno di una notte di mezz'estate; affine al Jolly è anche la maschera di Arlecchino, il cui nome è una storpiatura di Alequìn, uno dei tanti nomi con cui veniva desginato il demonio nel medioevo.
Ha proseguito la LaTo (la chiamo ancora così, non mi ha detto quale altro nick preferisce!) con Il Minotauro di Dürrenmatt, che anche la Ka ha letto: a nessuna delle due è piaciuto. La situazione di partenza sfrutta un'idea originale, quella del minotauro, appunto, chiuso in un labirinto di specchi di cui ignora il signficato, per cui crede di essere a capo di una moltitudine di minotauri e tutto ciò che vede, se stesso, la ragazza, il suo stesso assassino, viene sempre visto e vissuto al plurale, ma la realizzazione lascia a desiderare perchè poco credibile: com'è possibile, si domandano in sostanza sia la LaTo che la Ka, che questo essere non si renda conto che è solo?
La Ka ci ha raccontato Il gabbiano Johnatan Livingstone, libro che ha avuto un enorme successo alcuni anni fa, ed è una metafora della ricerca umana dell'assoluto, della libertà senza confini.
Io ho parlato dell'ultimo Giallo Mondadori che ho letto, "L'armata perduta di Cambise": giallo d'ambientazione archeologica molto interessante a parte alcuni inserti politico-terroristico-spionistici che lasciano indifferenti, si svolge in Egitto ai tempi attuali e ruota intorno ad un reperto falso (la tomba dipinta da un abilissimo archeologo-assassino) ed a uno vero (l'armata perduta di Cambise, appunto), che poi finisce per scomparire nuovamente nel corso di una furiosa quanto provvidenziale tempesta di sabbia nel deserto, che mette in salvo i buoni e punisce i cattivi seppellendoli, trascinandoli chissà dove, sprofondandoli nelle sabbie mobili. Ora ho iniziato "Il settimo comandamento" di James Bradberry, che è in giallo ad eliminazione: ci sono sette concorrenti, architetti famosi, in gara per aggiudicarsi il progetto di costruzione di una cappella per la villa di un ricco aristocratico veneto che vive sulle rive del Lago di Garda: in palio c'è una succulenta somma di denaro per il vincitore nonchè, vera chicca bibliografica, il manoscritto autografo del De architectura di Vitruvio, scovato non si sa bene dove. Particolare interessante: per ciascuno dei concorrenti è previsto un premio in denaro, ma a scalare, sicchè all'ultimo spetterà una somma puramente simbolica che somiglia molto ad una carità, il che scatenerà ovviamente una gara feroce fra i sette. Per ora ne sono morti due: un americano ed un inglese.
Staremo a vedere, sono circa a d un terzo del racconto.

Con la Gi abbiamo parlato di Shakespeare: lei ha incominciato "Otello" e ce ne ha parlato, accennando al motivo della gelosia ed a quello dell'unicità del protagonista, moro, che giganteggia su tutti gli altri: anche nel Mercante di Venezia uno dei pretendenti alla mano di Porzia è moro. E c'è molto veneto in Shakespeare: Il Mercante di Venezia, appunto; La bisbetica domata, che si svolge a Verona se non sbaglio, e Otello.
Per la prossima volta la proposta resta quella degli epistolari, e la bibliografia è quella indicata nel post precedente, "Lettere", appunto.


Allora ci ritroviamo sicuramente lunedì 2 maggio in biblioteca alla solita ora!